mercoledì 17 ottobre 2012

Turner o Rivers?

Should Turner Be fired? (Turner deve essere licenziato?) titolava un articolo video sul sito ufficiale NFL a seguito della clamorosa sconfitta subita dai Chargers per mano dei Broncos di Peyton Manning e la risposta, data dai due esperti in studio (seppure con sfumature diverse) è che, viste le sei palle perse, è il QB Philip Rivers quello da accusare per la sconfitta, mentre il coach ovviamente non può essere accusato di niente se non di non aver tolto dal campo il QB medesimo.
Sullo stesso sito un articolo di un blogger ufficiale ironizzava sulle risposte del coach dei Chargers in conferenza stampa e commentava la risposta di Turner alla domanda "Non avete pensato di sostituirlo?" affermando che si trattava di una "blanda difesa nei confronti del QB veterano, perché la parola "elite" con cui eravamo soliti far precedere le lettere Q e B parlando di Rivers da oggi non si applica più".

Personalmente sono convinto che molti da ieri si stiano togliendo parecchi sassolini dalle scarpe, visto che Philip Rivers è tanto socialmente impegnato a San Diego quanto ufficialmente antipatico alla maggior parte dell'ambiente NFL sia per via della sua lingua tagliente che per il comportamento poco rispettoso che ha in campo verso gli avversari, ma questo non deve far dimenticare che la responsabilità è ben differente dalla colpa e che quella coi Broncos, così come le altre due brutte sconfitte dei Chargers, fra cui quella abbastanza simile datata appena otto giorni fa, hanno si un responsabile, che sia Rivers o meno, ma soprattutto hanno uno ed un solo colpevole: coach Turner appunto, ed io mi propongo di dimostrarlo in pochi, semplici ed essenziali punti.

1 La difesa. Tanto per isolare il problema parliamo della difesa.
Chi sa spiegare come sia possibile che la difesa dei Chargers sia in grado di reggere gli attacchi senza praticamente alcun problema fino all'intervallo e poi finisca invariabilmente sovrastata dagli avversari?
Se un QB come Peyton Manning scrive 15/16 negli ultimi due quarti della partita (quando essendo valanghe di punti indietro è per giunta costretto a lanciare) mentre nei primi due quarti segna a statistica un ben più modesto 9/14 con meno di un terzo delle yards guadagnate e un intercetto è forse colpa dei turnovers di Rivers?
Un solo punto di riflessione è sufficiente per dimostrare come sia pessima la gestione delle partite da parte del coaching staff dei Chargers, la gestione dei cornerbacks.
La offseason di AJ Smith ha consegnato a Turner una squadra zoppa in almeno due punti, uno dei quali è la posizione di cornerback dato che a roster San Diego ha appena tre giocatori in grado di giocare in maniera appena passabile in quella posizione, ed uno di questi è quel Gilchrist che si è fatto soffiare la palla da Stokley e poi non è riuscito a sbilanciarlo per fargli mettere un piede fuori dal campo, e già questo dovrebbe bastare.
Gli altri, i titolari, sono Jammer e Cason, dei quali sono ampiamente noti i limiti: il primo, ormai invecchiato, è ancora in gamba sotto il profilo fisico ma soffre terribilmente i ricevitori veloci, il secondo invece pur coprendo bene gli avversari veloci è spesso sovrastato sul piano fisico.
Il coaching staff dei Chargers gioca oltre il novanta per cento degli snaps difensivi con questi due CB e li tiene sempre invariabilmente nella stessa posizione; all'intervallo i coach avversari hanno un quarto d'ora in cui possono comunicare liberamente fra loro e invariabilmente dopo l'intervallo piazzano il ricevitore più fisico su Cason e quello più veloce su Jammer. Risultato: il mismatch è tale che anche se gli attacchi avversari consegnano alla difesa Chargers il disegnino con lo schema che stanno eseguendo quest'ultima non riesce a fermarlo, così come non c'è verso di vedere per uno snap le posizioni dei due cornerback invertite.
Su Bleacher report se ne sono accorti diversi commentatori dilettanti, possibile che dopo sei partite un coaching staff pagato profumatamente non sia ancora riuscito a porre in essere nessun correttivo per questo problema?
Vogliamo parlare di come sia possibile che giocatori fisicamente forti siano così immaturi da vanificare i big plays dei colleghi con falli stupidi come quello che domenica notte è costato un intercetto riportato in TD (e con quello di Ingram su Brees domenica scorsa siamo al quarto turnover vanificato da un fallo) mentre ancora non si sia trovata una soluzione oppure dobbiamo continuare a dare la colpa ai turnovers di Rivers se la difesa californiana, in quelle che una volta si chiamavano "situazioni di ovvio passaggio", concede mediamente tre secondi e mezzo ai QB avversari e lascia liberi due ricevitori nonostante tutti gli eleggibili evitino come la peste la zona che sta dieci yarde intorno a Weddle?

2 La gestione delle situazioni di gioco. Se la pessima gestione della difesa può essere divisa con il resto del coaching staff la gestione della partita è compito esclusivo del capo allenatore, ed anche sotto questo profilo Norv Turner si sta dimostrando ampiamente carente.
Già durante la offseason, in accordo col GM Smith, la famiglia Spanos decise di affiancargli un paio di assistenti che lo aiutassero nella gestione ordinaria delle situazioni di gioco perché nel football moderno sono talmente tanti i fattori e le variabili in gioco che il capo allenatore dovrebbe essere sempre presente mentalmente per gestirle, ma soprattutto perché Turner, nonostante sia stato invitato più volte a farlo, non ha mai voluto rinunciare a chiamare personalmente i giochi (già io lo avrei licenziato per questo prima dell'inizio della stagione, figuriamoci poi dopo i pessimi risultati che vedremo al punto 3...).
Lasciamo perdere il fatto che sia mal consigliato quando decide di sprecare i challenge, e di conseguenza i timeouts, per situazioni (come contro i Chiefs) in cui dalla dinamica dell'azione è palese che gli arbitri abbiano tutte le ragioni, che dire di come i signori con la maglia a strisce stanno trattando la squadra del sud della California?
Lasciando perdere i tre "contatti illegali" consecutivi chiamati a difensori che non hanno neanche toccato l'uomo nel drive finale della sconfitta contro i Saints (col commentatore NBC Collinsworth che dichiarava in telecronaca "non so se siano peggio gli arbitri che si inventano i falli o Turner che se ne sta zitto sulla sideline", fonte Bolts from the blue) domenica scorsa un arbitro di linea ha chiamato due procedure illegali a Rivers: una per aver mosso le mani in una shotgun e un'altra per aver girato la testa mentre era sotto al centro (stava chiamando un audible). Bene, lunedì notte contro i Broncos lo stesso arbitro ha fatto esattamente la stessa cosa mentre Manning continuava tranquillamente a gesticolare nel backfield e a muoversi senza che nessuno degli arbitri prendesse provvedimenti.
Niente che abbia deciso la partita, per carità, ma è possibile che quest'uomo sia talmente passivo in panchina da non alzare mai la voce con la crew neanche se gli arbitri lo prendono a calci nel sedere? Qui, come sospettano diversi tifosi citando non precisate fonti interne, non si tratta di signorilità e di sportività, piuttosto è il fatto che Turner è talmente concentrato nel suo lavoro di offensive coordinator da non seguire le dinamiche attraverso le quali si snoda il match intorno a lui.
Peccato che gli Spanos paghino Hal Hunter per fare quel lavoro, invece di fare il secondo allenatore della linea d'attacco.
Fra l'altro Turner è talmente preso dal chiamare i giochi che nessuno, né lui né il suo coaching staff si è accorto che Jared Gaither, il left tackle e quindi, in altre parole, colui che è chiamato a proteggere il lato cieco di Rivers, ha giocato l'ultimo drive di attacco della partita contro i Saints zoppicando per un infortunio alla caviglia, e guarda caso è stato il suo uomo che ha effettuato il sack che è costato il fumble che ha chiuso la partita di domenica scorsa. Tutta colpa di Rivers se fa fumble quando lo colpiscono dal lato cieco perché il left tackle zoppica e nessuno se n'è accorto?
Ultimi, ma non meno importanti, sono i dubbi avanzati da più parti sulle capacità di Turner come "motivatore": nessuno pretende che li prenda a calci nel sedere oppure gli sputi in faccia come faceva Bill Cowher, ma certo l'ultima cosa che i tifosi vorrebbero vedere è un allenatore che conversa tranquillamente con l'upper back col game plan davanti la faccia mentre i suoi giocatori stanno psicologicamente franando come squadra e dilapidando un patrimonio di 24 punti.

3 Il play calling. Se tutto ciò di cui abbiamo parlato prima è responsabilità più o meno indiretta di Turner il play calling invece è una sua responsabilità diretta, anzi lo è doppiamente perché è una responsabilità che ha preteso ed una prerogativa che ha voluto mantenere ad ogni costo.
Peccato che il play calling dei Chargers, effettuato direttamente da Turner, sia uno dei peggiori, più assurdi, illogici e cervellotici che si siano mai visti negli ultimi trent'anni di NFL. E quel che è peggio è pure uno dei più prevedibili.
Chiunque abbia visto tre partite di una qualunque stagione dei Chargers si sarà certamente accorto che non appena San Diego finisce sotto di più di tre punti, non importa quanto manchi alla fine della partita, immediatamente il running game va in soffitta, Rivers finisce in shotgun già dal primo down e le difese avversarie si schierano in nickel e tolgono i linebackers, sostituendoli con pass rushers e defensive backs mettendo pressione, coprendo il campo e aspettando i lanci di Rivers come il ragno aspetta la mosca nella ragnatela. Finché era un elite QB Rivers riusciva a rimontare e vincere anche alcune di queste partite, anzi, lo è diventato per la capacità di riuscire a completare i passaggi anche quando tutti nello stadio sapevano cosa avrebbe fatto; adesso lo conoscono meglio, è più vecchio ed indubbiamente molto meno accurato specie sul profondo (vedere il primo intercetto di ieri, che comunque non sarebbe stato decisivo) ma soprattutto le difese avversarie hanno imparato che quando viene colpito dal lato cieco è molto più portato a perdere la palla (e sovraccaricano il blind side). Tutti si sono accorti di questo tranne l'unico che ha la responsabilità di chiamare gli schemi: coach Turner.
Se Turner è prevedibile strategicamente quando la squadra va in svantaggio è prevedibile anche tatticamente, cioè nel chiamare gli schemi nel corso dei down.
Se al primo down lancia un passaggio incompleto o un gioco di corsa non guadagna più di tre yards, al secondo down viene sempre chiamato un lancio tanto che io mi sono inventato un giochetto con mia figlia guardando gli ultimi due match dei Chargers: dopo un primo down io gli dico "oltre quattro yards" oppure "meno di quattro yards" e lei mi risponde con "corsa" o "lancio". Ha azzeccato il 70% delle azioni chiamate da Turner al secondo down. Figuriamoci cosa può fare un coaching staff che analizza le partite al computer.
Quello della prevedibilità sarebbe già un problema serio, ma purtroppo non è l'unico. Molti commentatori del sud della California come ad esempio Jim Canepa del San Diego Union Tribune, da sempre considerato voce critica nei confronti dei Chargers, gli contestano insieme alla prevedibilità del play calling la pessima gestione del RB Ryan Mathews, molto talentuoso, ma piuttosto portato a commettere fumble.
Secondo Canepa Mathews non matura sotto questo profilo perché il coach non gli concede mai una seconda chance: ogni volta che commette un fumble lo spedisce a dormire in panchina per tutto il resto della partita, come ha fatto dopo il fumble commesso contro i Falcons.
Vorrei dire a Canepa che purtroppo il problema è peggiore di come lo vede lui: Turner ha spedito Mathews in panchina anche dopo il suo TD del terzo quarto di domenica scorsa, con i Chargers avanti ed ha smesso di correre con la palla nonostante avesse a fianco un RB che in 12 portate ha prodotto 80 yards di guadagno per una media di 6,7 yards a portata. In compenso Turner ha chiamato dodici passaggi consecutivi ed ha ottenuto dal suo QB due turnovers, entrambi in occasione di passing play.
Ben lungi dall'aver imparato la lezione Turner ha replicato durante l'ultimo monday night: Rivers avrà pure commesso troppi errori, come lui stesso ha ammesso, ma non è naturale una partita in cui il QB della squadra che è stata indietro nel punteggio per quattro quinti del match lanci il 25% di passaggi in meno, così come non rientra nella logica delle cose che un coach continui a selezionare più lanci che corse indipendentemente da quelli che sono il punteggio ed il cronometro, dimostrando di non avere la più pallida idea di come si gestisce una partita.

Anche volendo tralasciare le altre gravissime manchevolezze, a fare di Norv Turner un ex head coach sarebbe più che sufficiente questo.

domenica 7 ottobre 2012

The infield fly rule

"We don’t understand the infield fly rule, either" era scritto sul profilo ufficiale di Twitter delle MLB fino a ieri.
Da oggi questa frase è sparita.
Del resto agli arrabbiatissimi tifosi dei Braves continuare a leggerla avrebbe probabilmente aggiunto beffa allo scorno ed avrebbe sparso altro sale sulla ferita aperta al Turner Field, parte bassa dell'ottavo inning di una partita secca che decide la sorte di ben 162 partite di stagione regolare: la vincente va alle Divisional Series contro Washington, la perdente non va da nessuna parte.

Torniamo per un attimo al Turner Field, terreno di casa degli Atlanta Braves, dove ai St. Louis Cardinals mancano cinque eliminati per capitalizzare il vantaggio di 6-3 determinato da una serie disastrosa di errori dei padroni di casa e vincere quella che finora è la partita più importante della stagione.
Con i corridori in prima e seconda base, un eliminato, si presenta al box di battuta Andrelton Simmons, rookie dalle Antille Olandesi, che gira la mazza ed alza la palla in quello che in termine tecnico si chiama "pop", una battuta alta e poco profonda. La palla comincia a scendere in una zona esterna alle basi verso la sinistra del campo e su di lei convergono l'interbase dei Cardinals Pete Kozma e l'esterno sinistro Matt Holliday.
Kozma sembra ben posizionato sotto la palla ma mentre questa sta per cadere a terra si sposta in avanti, probabilmente perché crede di aver sentito il "lascia" del compagno e la palla cade a terra. I commentatori della TBS alzano i toni della voce parlando di "miscommunication" mentre i corridori di Atlanta riempiono le basi, poi all'improvviso cominciano a non capire cosa è realmente successo finché uno dei due afferma "An infield fly rule has been probably called" ma per un po' nel box di commento si manifestano perplessità.
Perplessità che invece non si avvertono in campo dal momento che i coach dei Braves innescano immediatamente una serie di battaglie verbali con gli arbitri mentre i tifosi cominciano a tirare in campo tutto quello che gli capita fra le mani determinando un ritardo di 19 minuti nella ripresa del gioco.
Il "responsabile" del fattaccio è l'umpire Sam Holbrook che, un poco prima che la palla tocchi terra, alza il braccio dichiarando inappellabilmente che il gioco è un infield fly, eliminando il battitore e riportando i corridori in prima e seconda.

Capire cosa è realmente successo e perché non è semplice, visto che sono le stesse MLB a dichiarare che la regola dell'infield fly non la capiscono neppure loro, ma dopo essermi districato fra accuse di "barzelletta" e di "più grosso errore di sempre ai playoffs", provenienti nella maggior parte dei casi da giornalisti, opinionisti e tifosi controbilanciate dalle difese non troppo di circostanza della MLB e di arbitri ed esperti di regolamento, che parlano di "interpretazione esatta", mi sono fatto una buona idea.
La regola nasce nel 1895 e venne introdotta dalla National League sostanzialmente per proteggere la squadra in attacco da un trucchetto che era diventato abbastanza popolare fra le varie difese: lasciar cadere intenzionalmente la palla a terra in modo che i corridori fossero costretti a lasciare le basi e poi lanciare la palla in terza base (e da lì in seconda ed eventualmente in prima) e papparsi gli attaccanti come foglie di carciofo. Essa prevede che una Infield Fly è una palla alta (non un lungolinea e neanche una smorzata) che possa essere presa da un infielder (cioè un giocatore schierato fra le basi o al loro interno, compresi lanciatore e catcher) con ordinary effort (cioè nello svolgimento naturale del gioco) e si applica quando la prima e la seconda base, oppure la prima, la seconda e la terza, sono occupate e la squadra in attacco ha meno di due giocatori eliminati. La regola prevede che la chiamata debba essere effettuata immediatamente nel momento in cui l'umpire si rende conto che la palla alta è un infield fly (ciò è a beneficio dei corridori) e comporta l'eliminazione immediata del battitore. In altre parole nel momento in cui viene chiamata l'Infield Fly è come se il battitore fosse stato eliminato con una presa al volo e quindi i corridori devono toccare il cuscino delle basi da cui poi possono eventualmente rubare come succede nelle "sacrifice fly".
Sul fatto che potesse essere presa da un infielder non vi sono dubbi: Kozma lo è e si trovava sotto la palla, perciò è anche palese che la potesse prendere al volo con "ordinary effort" (ed il fatto che si parli di ordinary effort rende l'applicazione della regola molto discrezionale da parte dell'arbitro: in una situazione simile, nelle World Series del 2008 un umpire non l'ha applicata perché ha ritenuto che la palla non fosse prendibile al volo con ordinary effort causa vento e pioggia forti); le perplessità sono tutte incentrate sull'avverbio "immediatamente".
Secondo la maggior parte dei detrattori la chiamata sarebbe arrivata con ritardo colpevole ed alcuni rappresentanti dei tifosi hanno accusato senza mezzi termini Holbrook di aver deciso di applicare la regola solo quando si è reso conto che i difensori dei Cardinals avevano fatto un pasticcio, levandogli così elegantemente le castagne dal fuoco.

La parola, per me definitiva, l'ha pronunciata ieri sera su Baseball Tonight il Mike Pereira di ESPN quando ha definito la decisione "controversal" ma ha detto che ancor di più lo sarebbe stato non fare la chiamata e poi vedere Holliday che tirava in seconda e chiudeva l'inning con un doppio gioco ed infine ha concluso con un "maybe a little late, but Holbrook made the right call".

La chiamata quindi è giusta, ma la reazione del pubblico è stata abbastanza violenta specialmente per me che ho dello sport americano la visione idilliaca di quel tifoso dei Raiders seduto accanto a me al Qualcomm Stadium il 26 gennaio 2003 durante il Superbowl XXXVII che, mentre la sua squadra veniva letteralmente fatta a pezzi dai Buccaneers, continuava ad inveire, sbraitare e maledire i suoi giocatori fino alla settima generazione passata e futura. Al termine del match, quando lo salutai e gli dissi che mi dispiaceva per lui e per la sua squadra mi guardò come se fossi un extraterrestre e poi cominciando a giocare col figlio mi disse:"It's a game!".
Vedendo il pubblico del Turner Field ho l'impressione che non sia più così.