sabato 9 giugno 2012

La rinascita dei Trappers

C'erano una volta I Trappers... e ci sono ancora!
Sono passati quasi trent'anni da quando un gruppo di giovani appassionati di questo sport americano, animati solo dai sogni e dalla loro passione (così era scritto sui quotidiani locali all'epoca, e così ha detto, non senza retorica, lo speaker oggi allo stadio) fondò una squadra di football.
Di football, non di football americano, perché lo sport che va per la maggiore e che ne usurpa il nome, il calcio, si chiama soccer in inglese.
La storia parla di alcuni campionati giocati, nella seconda metà degli anni ottanta, arrangiandosi fra migliaia di difficoltà economiche ed autofinanziamento: ospiti del campo gestito dalla locale società di rugby (terreno comunale ma gestito dai rugbisti come proprietà esclusiva) per le partite interne e facendo pagare l'autobus ai familiari al seguito per le trasferte; sempre comunque costretti a tirar fuori qualcosa di tasca perché la questua sull'autobus non era sufficiente a pagare l'autonoleggio e gli incassi delle partite non bastavano a pagare contemporaneamente la gestione del campo e gli arbitri.
Avete capito bene: pagare gli arbitri; non per corromperli ma perché in quell'epoca pionieristica lo sport la cui finale, il Superbowl, era (ed è) lo spettacolo televisivo più visto in America, in Italia non aveva neanche i soldi per mandare gli arbitri a fare il proprio lavoro a spese della Federazione e quindi il costo del gruppo arbitrale se lo accollava la squadra di casa.
In quei giorni vissuti al fronte i Trappers si arrangiavano, creando fra loro un'amicizia forte perché nata fra mille ostacoli e cementata da una grande passione, ma la passione alla lunga si esaurisce se non confortata dai risultati perciò, privi di sostegno economico, di ricambi fra i giocatori e di risorse tecniche, anche la passione dei Trappers alla fine degli anni ottanta si spense.

Nei successivi venticinque anni i Trappers sono vissuti nel ricordo di chi ha condiviso quell'avventura e negli aneddoti che i protagonisti hanno continuato a raccontarsi puntualmente quando si incontravano per strada oppure davanti ad un aperitivo.
Fino ad oggi.
Oggi, alle cinque della sera, i Trappers (non dei giovincelli vestiti delle stesse maglie e con lo stesso nome sul casco, bensì i Trappers di trent'anni fa) sono scesi di nuovo sul campo di football!
E che campo! Non il vecchio campo rugby comunale ma "Lo Stadio" per antonomasia, quello riservato a sua maestà la squadra di calcio e che i ragazzi dell'84 potevano solo sognare.
L'occasione è stata una partita di beneficenza con i veterani dei Condors Grosseto ma è stato un qualcosa che credo sia andato al di là delle più rosee aspettative di chiunque.
Mi è dispiaciuto essere tra quelli che, protagonisti trent'anni fa, non lo sono stati oggi, ma la vita porta a fare delle scelte e io non rimpiango le mie, però ho voluto lo stesso assistere alla festa e già fuori dallo stadio ho sentito uno strano brivido lungo la schiena arrivare fino alla gola e lì fermarsi senza voler andare né sù né giù come un groppo d'emozione o di commozione.
Vedere la tribuna dello stadio completamente piena mi ha lasciato del tutto incredulo, ripensando a quando una faccia nuova sulla tribuna era inequivocabilmente un familiare di un atleta della squadra ospite, e non mi vergogno a dire che mia figlia ha visto suo padre, quasi cinquantenne, piangere vere lacrime quando Giuliano Orlandini è stato chiamato al centro del campo per l'omaggio al figlio.

La partita, in questo insieme di emozioni, è stata marginale anche se devo ammettere che pensavo di trovare i miei vecchi amici in condizioni peggiori di forma nonostante gli avversari abbiano dimostrato di essere fatti di ben altra pasta.
Sarebbe facile dire che il risultato non conta, ma non è esattamente vero: il punteggio del match non conta, ma il risultato del match è importante, ed è che i Trappers giocano ancora, e lo faranno a lungo!

1 commento:

  1. Gino, c'è un gran fermento un po' dappertutto, di questi tempi. Vecchie squadre che tornano in campo, gruppi di ex giocatori che si trovano per una cena rievocativa ed escono dal locale con un abbozzo di idea per riformare la squadra.
    C'è addirittura un casco cornuto che potrebbe presto tornare a splendere sul manto verde di un bel campo. E l'emozione è sempre la medesima di 32 anni fa, quando lo fece per la prima volta.

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